Al Quadraro abbiamo inciampato nella memoria come spesso diciamo nei walkabout, visto che non sono mai visite guidate bensì esperienze che solcano i paesaggi umani delle contraddizioni urbane. E’ un luogo denso, come molti altri nel quadrante sud-est romano, lo abbiamo attraversato tante volte e oggi con la Comunità educante diffusa del VII Municipio abbiamo colto alcuni aspetti cardine, uno di questi è che per decenni di quel Rastrellamento non si è parlato: quella memoria era stata rimossa. Il fatto di aver riconosciuto a quel quartiere la dignità di una Medaglia d’oro al merito civile giunse (nel 2004, 60 anni dopo) a sanare quel ritardo. Uno dei motivi per quella disattenzione è forse da individuare (come ci ha suggerito lo storico Pierluigi Amen) nel fatto che in quei “nidi di vespe” agivano, più di tutti, le formazioni partigiane di Bandiera Rossa (popolate da molti trotskisti invisi a quelli del PCI di stampo stalinista). Camminando per il quartiere, in tanti (più di 60, forse troppi per i walkabout conversazionali che amiamo fare, comunque distanziati ma connessi) abbiamo così ricordato uno degli eventi più gravi di Roma Città Aperta, quel rastrellamento accaduto all’alba del 17 aprile 1944.
Appena usciti dalla metro, dalla parte del Quadraretto, incontriamo Bianca “la Jorona” Giovannini che canta l’epica partigiana, accompagnata da Desirée Infascelli alla fisarmonica, suoni che amiamo spesso avere con noi in walkabout come quelli fatti a Paraloup (la “Pompei partigiana“). Con Pierluigi Amen entriamo dentro i fatti, grazie alla ricerca che ha condotto per conto dell’ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione) conversando-camminando della sua ricostruzione storica (distillando la documentazione, andando oltre le reticenze e le vox populi, con il supporto della Giunta del Municipio VII che ha avviato attraverso la Memoria di Giunta n. 11 del 4 ottobre 2016 il percorso con cui si è giunti nel 2018 al conferimento della medaglia d’onore agli eredi dei rastrellati e la Medaglia d’oro conferita alla memoria di Don Rey e oggi alla mozione recentemente depositata nel Consiglio della Regione Lazio), fino ad arrivare davanti a Sisto Quaranta, uno degli ultimi testimoni di quell’odissea: il suo viso, con il numero di matricola in prigionia 947, campeggia nell’opera d’arte murale curata dall’associazione Muro per conto dell’Assessorato alla Cultura del Municipio VII.
Siamo a un passo dalla sede giallorossa dei “fedayn” e si evoca Romolo De Sisti (il padre di Giancarlo “picchio” De Sisti, il centrocampista della Roma degli anni Settanta) rastrellato ma fuggito, buttandosi giù dal treno destinato al campo di concentramento di Fossoli. Ripercorriamo quei momenti di 77 anni fa, camminando nei luoghi in cui sonno accaduti, ascoltando, con dei sistemi radio, le testimonianze registrate di alcuni protagonisti, conversando con Elena De Santis (assessora alle politiche scolastiche e culturali del VII Municipio), l’aedo Ascanio Celestini, e altri ancora con cui ci confrontiamo su quanto sia importante usare la memoria come antidoto. Superiamo il tunnel che conduce al Quadraro vecchio che fu circondato da 3000 soldati tedeschi, in quel tratto semibuio c’è un accampamento di senza tetto, dobbiamo stare attenti a dove mettiamo i piedi e ascoltiamo in cuffia le grida dei militari nazisti, tratte da un docufilm. Usiamo questo tratto urbano come un gate spaziotemporale. Appena usciti all’aperto, su via dei Lentuli 60, c’è l’unica pietra d’inciampo dedicata al rastrellamento; è sull’allora sedicenne Eldio Del Vecchio, di cui ascoltiamo un geo-podcast dell’app Loquis.
Con Pierluigi Amen, che s’è basato sui numeri di matricola imposti a Fossoli (che non partivamo da zero… bensì da circa 300), si arriva ad un calcolo più preciso dei rastrellati: circa 750, affermando (in vari interventi, come questo) che tra questi furono pochissimi i partigiani catturati (che non furono tuttavia scoperti in quanto tali) oltre a “militari del Regio Esercito sbandati, carabinieri entrati nella resistenza e tanti semplici lavoratori, prevalentemente artigiani ed edili. L’aver prelevato uomini dai 16 ai 55 anni, ha di fatto riunito ben tre generazioni di quadraroli nella triste realtà della deportazione, dai nonni che avevano partecipato alla prima guerra mondiale ed erano nati alla fine dell’Ottocento ai ragazzi sedicenni che in alcuni casi non si erano mai recati nemmeno nelle località limitrofe…” Pierluigi Amen ha messo a disposizione per i parenti dei rastrellati un’email (rastrellamentodelquadraro@gmail.com) per raccogliere e rilasciare informazioni.
Acceleriamo il passo, per non arrivare in ritardo alla rimembranza promossa dall’ANPI al parco del Monte del Grano dove c’è una scultura che evoca il rastrellamento, ma la velocità non ci impedisce di fare una staffetta di lettura di “Odio gli indifferenti” di Gramsci che ci ricorda quanto l’indifferenza sia peso morto della Storia.
Questo walkabout è stata l’occasione per sviluppare la mappatura dei luoghi della memoria avviata dalla Comunità Educante Diffusa del VII Municipio, per rilevare i distretti culturali del territorio. Un’operazione strategica su cui si sta innestando però un approccio particolare definito “dislarghi” per intendere uno sguardo più aperto e partecipato, teso al coinvolgimento attivo delle nuove generazioni. Urban Experience segue da molto vicino quel progetto, sottolineando il fatto che i walkabout-esplorazione partecipata radionomadi sono azioni che “inciampano nella memoria” (vedi questo report in cui si tratta dell’esplorazione con i bambini della scuola primaria del Quadraro “Damiano Chiesa”, in cui si raccolse la testimonianza primaria del barbiere Gino a Via de Quintili sull’”apnea partigiana”).
Diretta Facebook: https://www.facebook.com/ComunitaEducanteDiffusaMunicipio7Roma/videos/3924786677608027
Video: https://www.facebook.com/247532279461670/posts/753910868823806/
Le foto nel post sono di Claudia Lescarini. Il testo è di Carlo Infante.